Videogiochi e Pirateria – parte 1: Le soluzioni delle software house

20 07 2010

Storicamente la pirateria è sempre esistita nel nostro mondo, ma con la diffusione della banda larga ha avuto un pesante incremento: mentre prima era necessario comprare il cd pirata dall’ambulante di turno ora è possibile scaricare il proprio titolo preferito stando comodamente seduti in casa propria e spendendo nulla, se non si conta il costo della connessione. Tale evoluzione ha portato in poco tempo a diversi cambiamenti nel mercato del videogioco.
Tutte le software house hanno dichiarato guerre più o meno radicali alla pirateria e mentre alcune hanno sperimentato le proprie soluzioni, con risultati eterogenei, tutte hanno cominciato ad adottare abitudini diverse nella progettazione base dei giochi.
Ad oggi di soluzioni ad-hoc che funzionano decentemente non ce ne sono, ma il cambio di mentalità e progettazione ha dato i suoi frutti.

Blizzard Entertainment logo

Blizzard ha per prima sfruttato il multiplayer come contromisura

Analizziamo ora i due principali cambi di direzione che hanno in qualche modo, e per il momento, limitato il fenomeno della pirateria

  1. Multiplayer
    Una delle prime software house ad adottare questo espediente in maniera significativa fu Blizzard Entertainmen con il suo Battle.net, ma furono necessari molti anni prima che tutto il mondo si rendesse conto che quello era un modo semplice e pulito per tagliare i pirati fuori dal divertimento.
    L’idea di Blizzard era semplice: invece di cercare attivamente di capire se un giocatore ha una copia originale del gioco, si fa in modo che sia il giocatore stesso ad autenticare la copia. Dato che i suoi giochi hanno da sempre tutti una componente multiplayer molto forte, la casa californiana pensò bene di allestire Battle.net, ovvero un sistema che raccoglie i giocatori di tutto il mondo e permette loro di organizzare i propri match con estrema semplicità. In tale modo i giocatori furono contenti per l’ottimo servizio in più, ma contemporaneamente anche Blizzard ne trasse giovamento in quanto ogni giocatore, per poter giocare su Battle.net doveva, ad ogni connessione, autenticare la chiave cd. In questo modo tutti coloro che non avevano il gioco originale si trovavano di fronte al messaggio “chiave cd gia in uso” e non potevano così godersi tutta la corposa componente multigiocatore del titolo.
    L’idea fu talmente buona che oramai da diversi anni, il mercato è stato invaso da titoli con componente multiplayer accentuata oppure unicamente multiplayer, e molte delle software house hanno imitato Blizzard creando i propri network.

    battle net logo

    Il metodo Blizzard

    Questa idea si è rivelata una delle migliori in quanto è un processo che non penalizza i giocatori in alcun modo e rende contenti tutti. Sfortunatamente però non è perfetta, e l’estremo sfruttamento nel corso di questi anni ne ha portato alla luce i difetti maggiori: il primo è che i giochi singleplayer hanno subito un grosso calo di attenzione, e laddove vengano ancora prodotti, la parte single deve coesistere (soprattutto dal punto di vista del budget) con quella multi, con un conseguente calo di qualità per entrambi.
    Il secondo problema, minore a mio avviso, è che l’adozione del sistema multiplayer unificato (che sia Battle.net o un qualsiasi altro “aggregatore di giocatori”) sta lentamente spazzando via tutti gli altri metodi di gioco multiplayer, come la connessione ad ip diretto (sparita quasi ovunque) e la connessione LAN (della cui sopravvivenza proprio in questo periodo si discute).

  2. Console
    Il secondo cambiamento fondamentale nella progettazione di un videogame negli ultimi anni è proprio il cambio di piattaforma. Mentre per molto tempo il pc è stato considerato la piattaforma principe del videogaming, data la maggiore quantità di risorse di cui disponde, da diverso tempo oramai si sta assistendo al suo, speriamo momentaneo, tramonto.
    La motivazione ufficiale è che su pc la pirateria dilaga mentre su console è più contenuta, cosa che, al momento è vera.
    Questa soluzione però ha diversi grossi problemi:
    Il primo è che è solo temporanea. I pirati hanno sempre scavaltato ogni ostacolo, e appena il mercato si sarà spostato definitivamente su console, allora è li che i pirati volgeranno le proprie attenzioni.
    Il secondo motivo è che programmare giochi multipiattaforma è una forma di autolimitazione, in quanto anche se l’hardware lo permette, il software non può sfruttarlo.
    Il terzo motivo è che dietro la facciata dei bravi crociati, si nascondono motivazioni diverse dall’arginamento della pirateria. Programmare un gioco multipiattaforma permette di guadagnare molto di più in fase di vendita, spendendo molto meno in fase di creazione.

    consoles

    Il mercato è qui

    Ad essere sinceri tutta la storia del multipiattaforma mi sembra un espediente per guadagnare di più a fronte di nulla. I comunicati stampa delle software house a riguardo sono spesso ridicoli e tipicamente suonano tutti cosi: “le statistiche indicano che le vendite del gioco x per console sono molto maggiori, mentre i download illegali dello stesso gioco sono molto maggiori su pc”. La motivazione principale di questo evento però non è che tutti i giocatori pc sono dei piratoni cattivi, ma che, per esempio, il gioco x esce su console sei mesi prima che su pc, quindi chi ha sia console che pc (e oramai sono moltissimi) tende a comprarlo per console, visto che può averlo sei mesi prima. Allora secondo Ubisoft & co, tale giocatore dopo sei mesi dovrà comprarlo anche su pc? La seconda motivazione è che, visto che le software house devono avere il maggior profitto possibile, le versioni pc dei giochi multipiattaforma fanno spesso schifo e io giocatori pc tendono ad essere parecchio selettivi, non acquistando ogni pezzo di spazzatura che viene loro proposto.

Ci sono poi dei sistemi studiati ad-hoc per contrastare la pirateria che però hanno tutti più o meno fallito:

  1. Chiave cd
    Richiedere di inserire una chiave cd al momento dell’installazione è un pratica da sempre usatissima, e una delle prime contromisure adottate. Sfortunatamente scoprire l’algoritmo di generazione delle chiavi cd non sembra essere molto difficile, e di conseguenza sono apparsi subito i “key-gen” che, per ogni prodotto, potevano fornire alcune chiavi di autenticazione.
    La chiave cd è tornata ad avere un senso da quando viene usata in combinazione con l’autenticazione online (vedi il punto 1 precedente).
  2. DRM
    Sono di molti tipi, e alcuni si sono distinti per la loro invasività. Si ricordano meglio di tutti Starforce (che installava driver di vario genere all’insaputa dell’utente, e non li disinstallava alla rimozione del software protetto. Tali driver potevano creare inoltre problemi alle unità ottiche dei pc) e l’ultima pensata di Ubisoft di cui abbiamo parlato abbondantemente: tale idea mira fondamentalmente a sfruttare i vantaggi del punto 1 in alto (multiplayer) senza avere il multiplayer. La cosa si risolve chiaramente in un abominio per cui il giocatore deve essere sempre connesso ad internet per poter giocare (in modo da autenticare sempre la chiave), pure non avendone in teoria bisogno.

Presto saranno pubblicate le altre parti dell’articolo, rimanete sintonizzati!





Niente LAN e server dedicati per Bioshock 2

28 01 2010
Screenhot di Bioshock 2

Niente lan party per Big Daddy

Non faccio in tempo a commentare una news sulla pirateria che subito ne scappa fuori un’altra, e se c’è qualcuno che crede alle scuse di 2k Games farebbe probabilmente bene a ricredersi, ma cominciamo dall’inizio.

Nelle fresche fresche (27 Gennaio) “BioShock 2 Multiplayer and Matchmaking Q&A”, sul sito 2k Games si legge, tra le altre:

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Do you support LAN play on consoles or PC? Do you support dedicated servers?
Short answer, no and no. There is always a finite amount of time for the development of a game. Bringing Multiplayer to BioShock was a daunting task between the tech (there was no multiplayer support in the codebase from the first game) and the expectations of the community. Either you try to do everything and so nothing feels finished or you focus your efforts to do a smaller number of things really well like an accessible online experience. We chose to spend the time we had creating a solid game foundation and unfortunately that did not include LAN play or dedicated servers.

>>
Il che in parole semplici significa “Il tempo per sviluppare un videogioco è poco, e non si può fare tutto. Abbiamo scelto di creare fondamenta solide per il gioco e questo non include LAN o server dedicati”.

Analizzando le parole di 2k Games, soprattutto in relazione ai tempi che corrono, si capisce facilmente che con ogni probabilità la vera motivazione per cui la modalità LAN non è stata implementata, è che questa è spesso un buon canale per la navigazione dei Pirati amanti delle battaglie multigiocatore. Anche Sua Mestà Blizzard (no sarcasm) propose di eliminare la modalità LAN dai futuri Diablo 3 e Starcraft 2, ma le proteste dei fan la costrinsero a lavorare a quella che viene definita “pseudo-LAN”, in cui l’idea è mantenere la connessione a Battle.net al fine di autenticare la copia.

Se d’altro canto decidessimo di credere alle parole di 2k Games, verrebbe fuori la triste conferma di come oramai tutte le software houses, fatta eccezione per quei pochi baluardi della qualità, preferiscano far uscire un titolo il giorno prefissato, ma mancante di caratteristiche o semplicemente di qualità, invece che posticiparlo per confezionare un prodotto che, oltre a rendere i soliti dollaroni, è anche un esempio di qualità.

Fonte: 2kgames.com